Salari reali in Italia giù del 7,5%: allarme per il Nord
I salari reali in Italia sono crollati del 7,5% dal 2021. Lo afferma l’ultimo rapporto dell’Ocse. È il peggior risultato tra tutti i Paesi avanzati.
Il dato colpisce soprattutto il Nord Italia. Qui il costo della vita è più alto, ma i redditi non crescono. Al contrario, perdono potere d’acquisto ogni anno.
Il tema dei salari reali in Italia diventa sempre più urgente. Famiglie, imprese e sindacati lanciano l’allarme. Serve una risposta forte e condivisa.
Nord Italia: più caro, ma con stipendi stagnanti
Nel Nord del Paese la situazione è ancora più grave. Città come Milano, Torino, Bologna e Venezia registrano i maggiori rincari. Affitti, bollette, beni di consumo aumentano. I salari, invece, no.
Chi lavora ha meno potere d’acquisto rispetto a tre anni fa. Una famiglia media oggi può permettersi meno di prima, nonostante lavori allo stesso ritmo, o di più.
Il confronto con l’estero è impietoso
Secondo l’Ocse, mentre altri Paesi come Francia, Germania o Canada hanno registrato un incremento o almeno una tenuta dei salari reali, in Italia si è verificato un calo netto.
Nel contesto post-pandemia, molti Stati hanno scelto di spingere su produttività, contrattazione e sostegno ai redditi. L’Italia no. Il risultato è un arretramento senza precedenti.
Inflazione e stagnazione: una miscela pericolosa
Il calo dei salari reali in Italia è legato anche all’inflazione. I prezzi sono aumentati rapidamente. I contratti di lavoro, invece, si sono aggiornati con lentezza.
Molti lavoratori hanno perso il legame tra salario e costo della vita. Il risultato è che ogni euro guadagnato vale meno, mese dopo mese.
Chi paga il prezzo più alto?
I giovani, le famiglie con figli e i lavoratori dipendenti del settore privato sono i più colpiti. In particolare, chi lavora nel commercio, nella logistica o nella ristorazione.
Ma anche molti impiegati pubblici vedono il loro potere d’acquisto ridursi, soprattutto in aree urbane ad alto costo come Milano o Bologna.
Le richieste dei sindacati
I sindacati chiedono una revisione della contrattazione collettiva. Vogliono aumenti legati all’inflazione reale e misure per tutelare i redditi più bassi.
Serve anche una riforma fiscale. Oggi, il cuneo fiscale è tra i più alti d’Europa. Questo penalizza chi lavora e limita la capacità di spesa delle famiglie.
Imprese in difficoltà
Non sono solo i lavoratori a soffrire. Anche le imprese, specie quelle del Nord, faticano. Se i consumi interni calano, le vendite si riducono. Il sistema rallenta.
Molte aziende hanno retto negli ultimi anni grazie all’export. Ma con l’incertezza globale e i costi in aumento, anche questo pilastro rischia di vacillare.
Quale strategia per uscire dalla crisi?
Per rilanciare i salari reali in Italia servono tre azioni chiave: aumentare la produttività, rafforzare la contrattazione e promuovere una vera redistribuzione.
La produttività si migliora con investimenti in formazione, tecnologia e innovazione. La contrattazione deve essere più dinamica e vicina ai bisogni reali. La redistribuzione deve passare da un fisco più equo e da sostegni mirati.
Conclusione: una sfida da affrontare ora
Il crollo dei salari reali non è un dato tecnico. È una ferita sociale. Colpisce la fiducia, blocca i progetti, alimenta disuguaglianze.
Il Nord Italia, motore economico del Paese, rischia di frenare. Serve un cambio di passo. Subito. Perché la crisi del lavoro è anche una crisi della dignità e della speranza.
Riaccendere il futuro passa da qui. Dai salari, dalle persone, dal lavoro che torni a valere davvero.







