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    Cassano Tricolore, aderisce al comitato “Fermare la guerra”

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    By Redazione on 17 Dicembre 2022 Cassano Magnago
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    Comitato “Cassano Magnago Tricolore” del manifesto “Fermare la guerra – Salvare l’Italia” articolato in 15 punti e promosso dal Comitato “Fermare la guerra”.

     

    La guerra in corso tra Russia e Ucraina sta producendo danni gravissimi alla nostra economia e, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe portare l’Italia in default o costringerla ad una stretta economica terribile – simile a quella imposta a suo tempo in Grecia – con aumento vertiginoso della disoccupazione e della povertà diffusa.

    Questa guerra risulta dunque essere contraria al nostro interesse nazionale da questo punto di vista. Ci sono dunque motivi più che sufficienti per fare dell’Italia una protagonista delle iniziative di pace, muovendosi verso una posizione di neutralità attiva verso sia alla Russia che all’Ucraina diventando la capofila intransigente di un’autentica proposta di “cessate il fuoco” e di pace, nonché l’interprete politico del messaggio universale della Chiesa cattolica.

    Proprio l’atteggiamento di recente mostrato dal Vaticano dimostra che una posizione di neutralità attiva dell’Italia sarebbe fondata non solo politicamente ma anche dal punto di vista etico e morale.

     

    Invitiamo anche alla sottoscrizione della petizione promossa dallo stesso comitato per l’interruzione delle ostilità nel periodo natalizio al link https://www.change.org/p/fermare-la-guerra-una-tregua-di-natale-per-interrompere-il-conflitto-in-ucraina

     

    Il Presidente

    Andrea Del Piano

     

    Testo integrale del manifesto:

     

    1. L’EUROPA E L’ITALIA NON POSSONO PERMETTERSI QUESTA GUERRA.

    LE SANZIONI DISTRUGGONO NOI, NON LA RUSSIA

    In base ai dati del Tesoro e di Bankitalia e del FMI, fino a ieri, la somma della perdita

    italiana di Pil 2022 e 2023 dovuto alla Guerra oscillava tra 58 e 74 miliardi di €. Oggi, con il

    probabile avverarsi dello scenario peggiore conseguente alla chiusura di forniture di gas da

    parte della Russia, potrebbero aggiungersi altri 95 miliardi di € tra 2022 e 2023, portando il

    PIL italiano a -2% nel 2023, cioè in recessione. Questa recessione, unita all’inflazione

    crescente e all’assenza di politiche anticicliche dell’Unione Europea, può portare l’Italia in

    default, o costringerla ad una stretta economica terribile – simile a quella imposta a suo

    tempo in Grecia – con aumento vertiginoso della disoccupazione e della povertà diffusa.

    Ogni tentativo di isolare la Russia sullo scenario internazionale è completamente fallito.

    Addirittura l’Economist, nel suo penultimo numero, è arrivato a chiedersi se le sanzioni

    verso la Russia stiano funzionando; e questa cruciale domanda il settimanale britannico

    l’ha posta ben 6 mesi dopo l’inizio del conflitto!

    La guerra in Ucraina ha messo a nudo la crisi irreversibile delle istituzioni di Bruxelles. Non

    solo la Commissione e il Consiglio UE sono stati ferrei nell’imporre le “auto-sanzioni” con

    effetti economici devastanti, ma hanno fatto ben poco per alleviare queste difficoltà,

    ulteriormente aggravate dalla BCE con la decisione di aumentare i tassi d’interesse e di

    bloccare gli acquisti dei titoli di Stato. L’Unione Europea è anche responsabile dello

    spaventoso aumento del prezzo del gas nei paesi membri, che – mentre nei Paesi extra Ue

    si è “solo” triplicato – da noi è 11 volte superiore di quanto era nel 2020, perché le regole

    europee ci impongono di allinearci con il TTF (Title Transfer Facility, mercato di riferimento

    olandese per lo scambio del gas naturale) e anche paesi alleati speculano su questa

    situazione.

     

    1. VERSO LA TERZA GUERRA MONDIALE CONTRO IL BLOCCO RUSSIA-CINA?

    L’ITALIA E L’EUROPA SUBISCONO LE INIZIATIVE USA E NATO

    Siamo parte di una Alleanza in cui non è stato chiarito nemmeno quali siano gli obbiettivi

    della guerra: salvare gli ucraini o indebolire la Russia? Lo stesso Henry Kissinger ha

    dichiarato: “Siamo sull’orlo di una guerra con Russia e Cina per ragioni che abbiamo in

    parte contributo a creare, ma senza aver alcuna idea di come potrà andare a finire o a cosa

    porterà”. L’Amministrazione Biden continua a comportarsi come se rappresentasse ancora l’unica

    superpotenza planetaria autorizzata a indicare i “buoni” e i “cattivi” nel resto del mondo,

    mentre oggi contro l’Occidente prendono le distanze l’80% delle nazioni nel Mondo e si sta

    formando un blocco di forze poderoso che va dalla Russia alla Cina, con l’India e il resto dei

    BRICS, fino a buona parte del mondo islamico.

    In questa guerra gli interessi dell’Europa si muovono dal punto di vista economico (e quindi

    anche politico) in senso opposto a quelli degli USA, con enormi danni per le nostre imprese

    e la loro competitività e, in ultima analisi, con ricadute positive a favore di USA e Cina.

    Inoltre, all’indomani del probabile disastro delle midterm elections dell’8 novembre,

    l’amministrazione Biden potrebbe battere in ritirata: c’è il rischio del ripetersi della

    “sindrome Afghanistan” con gli USA che mollano di colpo lasciandoci in eredità le

    conseguenze economiche, sociali e politiche del conflitto.

    Questa escalation non sembra trovare un limite: da un lato gli USA alimentano l’idea che

    l’Ucraina possa uscire vincitrice dalla guerra se sarà adeguatamente rifornita di armi e

    materiali, dall’altro lato la Russia non può porre termine al conflitto se non portando a casa

    un tangibile risultato. La guerra si prolunga nel tempo, mentre si moltiplicano i rischi di

    incidenti che possono portare – anche al di là delle reali intenzioni degli attori in campo –

    ad un suo pericolosissimo allargamento fuori dal territorio ucraino.

     

    1. CONDANNARE L’INVASIONE DELL’UCRAINA E LE CAUSE CHE L’HANNO DETERMINATA

    La Russia è sicuramente da condannare per l’invasione di un paese sovrano, ma questa

    aggressione non deriva da un’improvvisa follia imperialistica di Putin, bensì da precisi

    motivi geo-politici (rendere più sicuro lo sbocco sul Mar Nero e contenere l’allargamento

    della NATO ad Est) e identitari (le Repubbliche del Donbass contese dal 2014 in una

    sanguinosa guerra civile) che devono essere affrontati e rimossi se si vuole aprire una

    strada verso la pace.

    In realtà l’allargamento della NATO all’Ucraina rappresenta per la Russia di Putin una seria

    minaccia geopolitica e militare che Mosca ha segnalato da ben 25 anni, così come lo sono

    state le numerose esercitazioni dell’Alleanza atlantica fatte ai suoi confini e le guerre

    occidentali in Medio Oriente e in Nord Africa – non autorizzate dall’ONU – e ai danni di

    Paesi che vantavano stretti legami con la Russia.

    In più la situazione nel Donbass – dove peraltro sono addebitati a miliziani ucraini “crimini

    di guerra” di non minore gravità di quelli attualmente contestati all’esercito russo –

    rappresenta un nodo insopportabile per la Russia, che nessuno – né l’Ucraina di Zelensky,

    né le potenze occidentali – si sono mai preoccupati di risolvere in qualche modo. Una

    latitanza imperdonabile visto che Francia e Germania avevano sottoscritto con Kiev e

    Mosca gli accordi di Minsk per la soluzione del problema Donbass.

    Infine, non c’è alcuna evidenza che il Presidente russo voglia estendere la propria politica

    di potenza oltre il contenzioso attualmente in atto con l’Ucraina, minacciando altri Stati

    sovrani.

     

    1. L’UCRAINA RISCHIA DI ESSERE RIDOTTA AD UNA NAZIONE-RELITTO,

    SENZA SBOCCHI SUL MAR NERO

    L’Ucraina e l’Occidente non possono vincere questa guerra, ma solo prolungarla all’infinito,

    con un crescente sostegno militare e con enormi costi umani sul territorio conteso.

    La mancanza di un tavolo di trattativa su cui negoziare con Putin dopo la caduta del

    Donbass rischia di spingere Mosca a giocare la carta Odessa, chiudendo tutti gli sbocchi

    marittimi e commerciali dell’Ucraina e consegnando all’Europa una nazione-relitto

    destinata a vivere di sovvenzioni Ue (non Usa) per i prossimi decenni.

    Proprio durante la crisi del 2014, Henry Kissinger aveva messo in guardia da un approccio

    miope alla questione ucraina, sottolineando la necessità di preservare la pace nella

    regione: «Se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare non deve diventare l’avamposto di

    una parte contro l’altra, ma fare da ponte tra le due».

     

    1. NESSUNA PROPOSTA DI PACE CREDIBILE DA PARTE DELL’ITALIA E DELL’EUROPA

    I diktat politici del Governo Draghi hanno precipitato l’Italia in una posizione oltranzista in

    questa guerra, perfettamente in linea con le progettualità bellicose dell’Anglosfera, in

    particolare dell’Amministrazione Biden. Abbiamo auspicato sanzioni sempre più severe,

    abbiamo inviato armi in Ucraina in quantità secretate ma sicuramente superiori a qualsiasi

    altro conflitto dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, non abbiamo mai preso una

    qualche realistica iniziativa per la pace, siamo stati in prima fila nel demonizzare la Russia

    di Putin.

    Anche a causa del nostro atteggiamento, l’Europa in sei mesi non è riuscita a stilare una

    sola proposta di pace per timore di urtare la suscettibilità Usa: ci si è limitati a chiedere a

    Putin di ritirarsi, addirittura riconsegnando la Crimea all’Ucraina e tornando ai confini di

    prima del 2014. Proposte inaccettabili per Mosca e potenzialmente provocatorie senza

    un’applicazione effettiva e duratura degli Accordi di Minsk.

    Si perde così l’occasione storica di dare veramente un fondamento geopolitico all’unità

    politica delle nazioni europee. Se l’Italia promuovesse una linea di solidarietà vera con la

    Francia e la Germania per creare una posizione differenziata da quella americana,

    contribuirebbe alla costruzione di un vero “nocciolo duro” europeo, capace di guidare una

    rinascita europea al di là della tecnocrazia di Bruxelles.

     

    1. UN CAMBIO DI ATTEGGIAMENTO PER L’ITALIA: LA NEUTRALITÀ ATTIVA

    È UNA SCELTA REALISTICA E POSSIBILE

    Ci sono motivi più che sufficienti per fare dell’Italia non un Paese cobelligerante, ma una

    protagonista delle iniziative di pace. Per essere credibili in questo ruolo bisogna muoversi

    verso una posizione di neutralità attiva, tutt’altro che indifferente ai destini del popolo

    ucraino perché impegnata in prima persona a costruire un processo di pace.

    Dobbiamo essere consapevoli che il mondo unipolare a guida americana è finito e che

    l’Italia e l’Europa si devono preparare a vivere e a crescere in un mondo multipolare in cui

    le sovranità nazionali tornano prepotentemente protagoniste, pur nel rispetto delle

    sovranità altrui.

    Proprio per questo si apre la reale possibilità per l’Italia di interpretare una decisiva

    posizione tanto nazionale quanto europea: diventare la capofila intransigente di una

    autentica proposta di cessate il fuoco e di pace, nonché di interprete politica del messaggio

    della Chiesa cattolica.

     

    1. NON CONFONDERE LA PROPAGANDA DI GUERRA CON LA REALTÀ

    Innanzitutto, bisogna smetterla con la “propaganda di guerra” e la criminalizzazione

    moralistica della Russia, che genera ritorsioni in una tragica spirale di costi umani.

    Non si può continuare a ripetere meccanicamente che “Putin va combattuto perché si è

    macchiato di crimini di guerra e contro l’Umanità”: ammesso che siano reali tutte le

    atrocità e gli abusi contro i civili che oggi vengono addebitati all’esercito russo, resta

    difficile dimostrare che tali fatti derivino da un ordine esplicito o implicito del Presidente

    Russo. Definire Vladimir Putin un “criminale di guerra” significa non solo ignorare la

    necessità di compiere indagini serie e indipendenti prima di infliggere una simile etichetta

    ad un Capo di Stato, ma anche bruciare ogni possibilità di trattativa con questo leader e il

    suo regime. Altra cosa è richiamare Putin alle sue responsabilità di Capo di uno Stato

    belligerante, chiedendo di istituire commissioni d’indagine per accertare la verità e di

    intensificare la vigilanza sui reparti militari sospettati di abusi ed eccessi.

    È appena il caso di osservare che nessuna autorità politica internazionale si è mai sognata

    di definire “criminali di guerra” i presidenti americani per quello che è successo in Iraq, nei

    Balcani o in Libia.

    Inoltre, sia alla Russia che all’Ucraina va chiesto di sospendere ogni processo contro

    presunti responsabili di crimini di guerra, perché tali processi, almeno fino a quando non

    sono cessate le ostilità, non sono credibili e hanno un forte contenuto divisivo e

    recriminatorio.

     

    1. IL NOSTRO GOVERNO NON PUÒ IGNORARE LE POSIZIONI DELLA CHIESA CATTOLICA E DEL POPOLO ITALIANO

    L’Italia deve diventare la sponda politica del messaggio di pace che viene da Papa

    Francesco e dalla Chiesa cattolica. Il Vaticano con sempre maggiore coraggio ha promosso

    una linea di pace contraria alla fornitura di nuove armi da parte dell’Occidente. E cosa c’è

    di più connaturato all’identità del nostro popolo che sposare questo messaggio universale

    e cattolico? Anche Papa Francesco è un pericoloso “putiniano”?

    Non si tratta di esprimere un pacifismo assoluto e utopistico, ma di avere la chiara

    percezione del carattere perverso e irrisolvibile di questa guerra e della funzione di

    “agnello sacrificale” che il popolo ucraino sta assumendo a fronte di tensioni strategiche

    planetarie. Proprio l’atteggiamento del Vaticano dimostra che una posizione di neutralità

    attiva per l’Italia è fondata, non solo politicamente ma anche dal punto di vista etico e

    morale.

    In più bisogna rispettare la volontà degli italiani, solidali con l’Ucraina ma tutt’altro che

    favorevoli a sprofondare l’Italia in questa guerra. Da fine luglio non vengono più fatti

    sondaggi su questo tema. Ma l’ultimo sondaggio fatto dall’Ipsos (del 29/7/2022) ci dice che

    un numero crescente di Italiani (il 47%) non si sente schierato né dalla parte della Russia né

    dalla parte dell’Ucraina (gli Italiani schierati con quest’ultima sono il 44%). Ancora più nette

    sono le posizioni sull’invio delle armi: dai dati pubblicati sul Fatto Quotidiano emerge che

    dal 20 maggio all’8 luglio “gli italiani che pensano che bisognerebbe continuare a inviare

    armi a Kiev si attestano su una media del 16% con un picco del 20% l’8 luglio”.

     

    1. ESISTONO PAESI NATO CHE SI SONO MANTENUTI NEUTRALI SENZA SUBIRE DANNI POLITICI ED ECONOMICI

    Ci sono almeno due Paesi aderenti alla NATO, l’Ungheria di Orban e la Turchia di Erdogan,

    che hanno assunto posizioni di neutralità rispetto a questo conflitto, eppure non solo

    hanno rafforzato la propria influenza internazionale e la propria situazione economica, ma

    – nel caso della Turchia – sono stati determinanti per aprire ponti di dialogo e risolvere

    questioni cruciali come quella dell’esportazione del grano.

    Ma lasciare il negoziato nelle mani di un Erdogan è una scelta pericolosa, perché questo

    leader è abituato a usare le guerre e loro vittime per estorcere concessioni a noi Europei.

    Al contrario, se guardiamo al passato, l’Italia ha svolto al meglio il suo ruolo di alleato nella

    NATO, non quando si è comportato come zelante suddito ma quando e stata capace di fare

    da ponte tra l’Alleanza e i suoi nemici.

    Non è questo il tempo per discutere l’attualità e l’assetto dell’Alleanza atlantica, che in

    futuro deve essere profondamente rivista per consentire una vera autonomia europea, ma

    già da oggi dobbiamo essere consapevoli che il Trattato istitutivo della NATO non ci obbliga

    ad aderire a iniziative diverse da quelle della difesa dei paesi membri ed è quindi

    compatibile con una posizione di “neutralità attiva” in questa guerra.

    Inoltre, la NATO ha un ambito di operazioni ben definito geograficamente, impegnare tale

    Alleanza anche contro la Cina – come l’ultimo Concetto Strategico adottato dal Vertice

    NATO di Madrid nel giugno scorso lascia intendere – rappresenta un’ulteriore, pericolosa,

    escalation.

     

    L’INIZIATIVA ITALIANA PER UNA CONFERENZA DI PACE EUROPEA

    Nessuno vuol abbandonare il popolo ucraino al proprio destino, né rimanere indifferenti

    rispetto all’invasione di uno Stato sovrano (auspicando che nel futuro si tenga lo stesso

    atteggiamento anche quando a invadere saranno non la Russia ma le potenze occidentali),

    ma il Governo italiano, insieme a quello francese e tedesco, hanno il dovere di delineare un

    piano di pace realistico, senza delegare agli USA e agli eurocrati di Bruxelles questo

    compito.

    Proviamo ad indicare i punti di un possibile piano di pace da proporre con continuità e

    determinazione, in collaborazione con tutte le organizzazioni internazionali e gli Stati

    consapevoli dei pericoli drammatici legati ad una prosecuzione della guerra. Il momento

    per rilanciare le trattative è proprio questo, in cui la Russia sta completando il suo controllo

    del Donbass e deve quindi essere fermata prima di andare oltre nell’invasione.

     

    1. NEGOZIARE LA FINE DELLE AUTO-SANZIONI, OTTENERE SUBITO LA FORNITURA DEL GAS NECESSARIO ALL’ITALIA

    Il primo passo deve essere quello di mettere sul tavolo europeo l’insostenibilità economica

    delle “auto-sanzioni” che sono state finora applicate. In più l’Italia deve dire con chiarezza

    che non intende mantenersi solidale sulla strada delle sanzioni se i principali nodi

    economici europei – a cominciare dal prezzo del gas – non saranno subito sciolti e se alcuni

    paesi membri o alleati continueranno a lucrare sulle nostre difficoltà.

    Aprire, parallelamente alla definizione di una posizione politica di “neutralità attiva”, un

    negoziato autonomo con la Russia per verificare la possibilità di ottenere, come ha fatto

    l’Ungheria di Orban, le forniture di gas a un prezzo sostenibile per la nostra economia. La

    trattativa in Europa sulle sanzioni deve essere messa in parallelo a quella con la Russia per

    la fornitura del gas, perché solo così faremo scendere le autorità di Bruxelles dal loro

    piedistallo di utopismo e di arroganza.

     

    1. STOP DELL’INVIO DI ARMI IN UCRAINA PER OTTENERE UN IMMEDIATO CESSATE IL FUOCO

    Proporre con chiarezza e determinazione l’immediata fine delle forniture militari

    all’Ucraina in cambio di un altrettanto immediato cessate il fuoco, come primo necessario

    passo per avviare il dialogo e le trattative. Fino ad ora gli USA e i paesi europei si sono limitati a chiedere ai russi il cessate il fuoco,

    senza però garantire, nel contempo, il blocco della fornitura di armamenti all’Ucraina,

    alimentando così i sospetti del Cremlino che questo sia solo un trucco per dare più tempo

    all’esercito di Kiev per prepararsi a proseguire il conflitto.

    In attesa di una risposta da parte di tutti i contendenti, sospendere ogni invio di armi (che

    spesso sono imposte a scapito della loro disponibilità per le nostre stesse Forze Armate)

    come primo segnale di un cambio di atteggiamento. Un recente servizio dell’emittente

    USA CBS, che a seguito di forti pressioni dell’Amministrazione Biden, non è stato più messo

    in onda, ha peraltro indicato che solo un terzo delle forniture militari inviate all’Ucraina

    avrebbero raggiunto la linea del fronte.

     

    1. NEUTRALITÀ DELL’UCRAINA, CON UN IMPEGNO RAFFORZATO A NON ADERIRE A NESSUNA ALLEANZA MILITARE

    Sul tavolo delle trattative deve essere messo l’impegno rafforzato (ovvero sancito sul piano

    costituzionale) dell’Ucraina a non aderire a nessuna alleanza militare, escludendo ogni

    prospettiva di adesione alla NATO, oggi prevista proprio all’interno della Costituzione.

    Tutti i paesi che sottoscriveranno il Trattato di Pace devono impegnarsi a tutelare la futura

    integrità territoriale dell’Ucraina e a difenderla nei confronti di qualsiasi minaccia esterna.

     

    1. PIENO RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE DEL REFERENDUM SULL’INGRESSO DELLA CRIMEA NELLA FEDERAZIONE RUSSA.

    Continuare a porre il problema dell’annessione della Crimea è la dimostrazione del

    carattere irrealistico di ogni trattativa finora proposta alla Russia. La Crimea, storicamente,

    ha sempre fatto parte della Russia, venne “regalata” all’Ucraina nel 1954 dall’allora leader

    sovietico Nikita Krusciov per celebrare i 300 anni dell’unione tra i due Paesi e ha sancito il

    ritorno a Mosca già da 8 anni con un voto del suo Parlamento e con un referendum,

    giuridicamente controverso ma ampiamente partecipato.

     

    1. REFERENDUM SOTTO IL CONTROLLO INTERNAZIONALE SUL FUTURO DELLE

    REPUBBLICHE POPOLARI DI DONECK E DI LUGANSK

    Il nodo cruciale dal Donbass deve essere sciolto passando attraverso il principio

    dell’autodeterminazione dei popoli, riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite. Anche il

    Gen. Vincenzo Camporini – ex capo di stato maggiore della difesa non certo sospettabile di

    simpatie putiniane – ha proposto la soluzione di «un referendum gestito a livello

    internazionale dall’OSCE». Oggi la Federazione Russa sta organizzando autonomamente questo referendum che, al di

    là dell’afflusso e dei risultati, non sarebbe riconosciuto a livello internazionale e

    diventerebbe fonte di nuovi contenziosi futuri.

    Per questo bisogna permettere alle popolazioni della Repubblica Popolare di Doneztk e

    della Repubblica Popolare di Lugansk di scegliere il proprio futuro attraverso un

    referendum, gestito sotto il controllo di una organizzazione internazionale (l’OSCE o

    l’ONU), indetto dopo il termine delle ostilità e sulla base dei censimenti antecedenti al

    2014.

    Nel Trattato di pace deve essere prevista la tutela delle minoranze etniche all’interno di

    queste due repubbliche. Fino allo svolgimento del referendum e al pieno riconoscimento

    dei suoi risultati, nel territorio delle due repubbliche può essere resa operativa una forza di

    interposizione ONU.

     

    1. IMPEGNO RAFFORZATO DELLA RUSSIA A NON METTERE NUOVAMENTE IN

    DISCUSSIONE I CONFINI CON L’UCRAINA E A NON INTERFERIRE SULLA SUA VITA

    POLITICA INTERNA

    Il Trattato di pace deve tutelare la sovranità dell’Ucraina, l’intangibilità dei suoi nuovi

    confini, la non interferenza nei suoi processi democratici e nella sua vita politica interna. In

    questa sovranità deve essere ricompresa la scelta di aderire o meno all’Unione Europea, su

    cui sono state avviate le procedure di adesione. La Russia deve sancire queste decisioni con

    una procedura legislativa rafforzata di rango costituzionale.

     

    1. PIANO INTERNAZIONALE PER LA RICOSTRUZIONE CON LA PARTECIPAZIONE DELLA RUSSIA AL RISARCIMENTO DEI DANNI DI GUERRA IN UCRAINA E LA PARTECIPAZIONE DELL’UCRAINA AL RISARCIMENTO DEI DANNI DELLA GUERRA CIVILE IN DONBASS.

    Dopo mesi di guerra sul territorio ucraino e anni di guerra civile nel Donbass bisogna

    garantire la ricostruzione, il risarcimento dei danni subiti dalle popolazioni civili e la

    possibilità di innescare un nuovo sviluppo economico. Per questo è necessario varare un

    piano internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina e delle Repubbliche di Doneztk e di

    Lugansk, con la partecipazione della Federazione Russa al risarcimento dei danni di guerra

    relativi a infrastrutture civili e patrimoni privati in Ucraina e la partecipazione dell’Ucraina

    al risarcimento dei danni relativi a infrastrutture civili e patrimoni privati causati dalla

    guerra civile in Donbass prima dell’intervento russo.

     

    Roma, 5 settembre 2022

    Comitato “Fermare la guerra”

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