L’italia è diventato il paese degli avvocati, ma mancano gli idraulici, i camionisti gli elettricisti, quelli che sanno come si fa a fare
Il paese degli avvocati
Secondo la CGIA di Mestre nel paese degli avvocati questi sono circa 237, mila mentre gli idraulici non superano i 180 mila.
Inoltre il fenomeno della continua diminuzione delle figure professionali artigianali è in continua progressione e nel corso dei prossimi anni le manutenzioni e riparazioni saranno a rischio. In italia il numero complessivo degli artigiani, quelli che svolgono attività lavorative prevalentemente manuali, è in progressiva diminuzione.
Gli artigiani stanno scomparendo
Nel 2012 gli iscritti nella gestione artigiani dell’INPS erano circa 1.867.000 unità mentre nel 2023 erano solo 1.457.000, in poco più di dieci anni abbiamo perso 410 mila soggetti (il 22%). Solo nell’ultimo anno c’è stato un calo di oltre 75.000 soggetti. Su questa strada tra una decina d’anni, tenuto conto della dinamica dei pensionamenti e della quasi assenza di nuovi entrati, sarà difficile fronteggiare le emergenze quotidiane. Idraulici, fabbri, elettricisti o serramentisti capaci di effettuare una anche piccola riparazione o manutenzione nelle nostre case, uffici o luoghi di lavoro saranno introvabili.
La svalutazione culturale e la politica
Nell’ultimo trentennio le professioni ad alta intensità manuale si sono svalutate a scapito di quelle intellettuali. I politici, tutti, che si sono succeduti nella seconda repubblica sono stati totalmente impegnati a fare i fatti loro e quelli dei loro amici. Non hanno quindi trovato il tempo di leggere i cambiamenti e fornire, di conseguenza, adeguate strutture formative. Questo ha portato ad un eccesso di professionisti che, forse, sanno come si fa a fare e alla progressiva scomparsa di quelli che lo sanno fare veramente.
Ovviamente le cause della mancanza delle figure professionali ad alta capacità manuale sono molteplici. Ma le principali sono lo scarso interesse delle nuove generazioni per il lavoro manuale, la mancata programmazione delle attività formative, e l’incapacità della politica di pensare ad un orientamento scolastico realistico, svincolato dalle logiche gentiliane.
Ma non tutto l’artigianato è in estinzione, lo è prevalentemente quello delle utilità mentre quello delle futilità manifesta qualche segno di vita. Calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri scompaiono. Il benessere e l’informatica sono in controtendenza. Aumentano acconciatori, estetisti e tatuatori. Sono in espansione sistemisti, addetti al web marketing, video maker ed esperti in social media. Funziona ancora l’alimentazione con gelaterie, gastronomie, pizzerie per asporto ubicate, in particolare, nelle città ad alta vocazione turistica
La desertificazione dei centri urbani
La sparizione progressiva degli artigiani porta anche alla desertificazione dei centri urbani. La chiusura di tante botteghe cambia il paesaggio urbano. Calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri sono spariti dai centri storici. Le botteghe degli artigiani erano anche luoghi di incontro e di aggregazione per gli abitanti del quartiere. I nostri centri urbani si stanno riempiendo di buchi neri, di vetrine non allestite e sporche, di saracinesche abbassate e insegne rimosse. Insomma la sparizione delle botteghe degli artigiani manuali va di pari passo con il degrado.
Sono gli anziani a pagare il conto di questa trasformazione e gli anziani stanno diventando una parte sempre più consistente della nostra società. Le botteghe erano, sono, anche luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e la loro mancanza rende meno vivibili e più insicure le zone urbane svuotate e penalizza soprattutto gli anziani. Per molti, spesso senza mezzi di locomozione e con scarse risorse, fare la spesa diventa un grosso problema.
Un mondo residuale
Oltre al fatto che non c’è più stato il ricambio generazionale, che gli affitti sono esplosi, che la tassazione sia locale che statale ha raggiunto livelli insostenibili è cambiato anche il comportamento dei consumatori. La cultura degli acquisti è cambiata in modo radicale passando dal prodotto fatto per durare all’usa e getta. Dal “fatto a mano” si è passati ai prodotti di serie, dalla bottega al catalogo in rete, dal calzolaio ad Amazon. Sarà una coincidenza, sicuramente lo è, ma nell’ultimo trentennio in coincidenza con la seconda repubblica, il lavoro manuale è stato svalutato. L’artigianato si è ridotto ad un mondo “residuale”.
La politica non è capace di mettere al centro della formazione gli istituti professionali che in passato avevano svolto un ruolo determinante per favorire lo sviluppo economico del Paese. Oggi gli istituti professionali appaiono come scuole di serie B. In alcuni casi vengono considerati addirittura parcheggi per i ragazzi che non hanno proprio voglia di studiare. Le scuole umanistiche sono considerate più seducenti anche se poi in realtà diventano propedeutiche alla formazione di azzeccagarbugli di manzoniana memoria o di disoccupati a vita.
La Scuola Radio Elettra
Un chimico torinese (Vittorio Veglia) e un ingegnere polacco (Tomas Carver) nel 1951, scopiazzando dagli americani, fondarono la Scuola Radio Elettra. L’idea era quella di fornire corsi per corrispondenza, fornendo dispense e i componenti elettronici per costruire i modelli di studio. Il 3 gennaio 1954 la Rai aveva cominciato la programmazione ufficiale in bianco e nero e senza pubblicità. E, mentre la televisione cresceva, gli apparecchi si moltiplicavano e le antenne e i ripetitori spuntavano ovunque, le dispense della scuola torinese formavano le persone che sapevano “come si fa” a tenere in funzione i televisori e a montare le antenne.
Poi venne il colore, con il cambio di tutte le tecnologie, le televisioni private e il passaggio dalle quattro ore di trasmissione su un solo canale ai milioni di ore e alle migliaia di canali. Tutto questo è potuto avvenire facilmente, in gran parte grazie a questa iniziativa di formazione diffusa e alla portata di tutti
Lo stato dell’opera
I vecchi saperi non attraggono più. I giovani non sono più attratti a fare gli autisti, gli autoriparatori, i sarti, i pasticceri, i fornai, i parrucchieri, le estetiste, gli idraulici, gli elettricisti, i manutentori delle caldaie, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i battilamiera. Nell’edilizia mancano carpentieri, posatori e lattonieri. A tappare i buchi che si creano a volte ci pensano gli stranieri sempre più presenti laddove serve una buona manualità. Mentre sono in continua crescita i laureati disoccupati che il sistema universitario continua a sfornare inutilmente.
Il futuro per la figura dell’artigiano sta nella sfida della tecnologia per rilanciare i “vecchi saperi”, alla base dei quali c’è il “saper fare” che è il vero motore della nostra eccellenza manifatturiera.
Mestre 18 agosto 2024