Sui social non c’è limite al peggio: l’hashtag GeorgeFloydChallenge per ricreare la morte di George Floyd e "per ridere".

Sui social non c’è limite al peggio: l’hashtag GeorgeFloydChallenge per ricreare la morte di George Floyd e "per ridere".

Sui social non c’è limite al peggio: l’hashtag GeorgeFloydChallenge per ricreare la morte di George Floyd e "per ridere". Lo “Sportello dei Diritti”: i gestori blocchino queste assurde catene

La rete è sempre più il luogo dove si può assistere al peggio del peggio. E sempre più in basso si può cadere se chi utilizza i social approfitta di momenti tragici come la morte di George Floyd. Accade, infatti, che stupidi ragazzi – non ci viene una definizione migliore - “si divertano” a ricostruire le scene apparse sui media del decesso del cittadino afroamericano morto lo scorso 25 maggio dopo l’arresto ad opera di poliziotti di Minneapolis nello stato del Minnesota, USA. E così in breve tempo è apparso l'hashtag #GeorgeFloydChallenge con le foto postate su Snapchat e rapidamente condivise su Twitter. Nella foto che circola di più, vediamo un giovane che sorride mentre il suo ginocchio è appoggiato sul collo di un altro, steso a terra. La foto è stata descritta come "disgustosa", "inquietante", "insensibile" e "irrispettosa per la vita umana". Secondo il quotidiano britannico Newcastle Evening Chronicle, le due persone nella foto e quella che l'ha scattata sarebbero state arrestate domenica scorsa per "sospetto invio di comunicazioni che causano ansia e angoscia". I tre giovani hanno 18 e 19 anni. Un portavoce della polizia della Northumbria in Inghilterra ha riferito al giornale: "Comprendiamo che questo post sui social media ha causato molti sconvolgimenti e vogliamo rassicurare il pubblico che è sotto inchiesta seria e viene trattato come un crimine d'odio.” I tre giovani sono stati rilasciati su cauzione. E ciò mentre almeno un’altra foto simile sta circolando sui social. C’è poco da commentare, sottolinea Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”: l’unica cosa da fare ad opera dei gestori dei social network è di bloccare sul nascere queste assurde catene che offendono la memoria e sminuiscono un episodio grave che sta costando agli USA un’ondata d’indignazione popolare con pochi precedenti.