Michela Dossi, complimenti alla neo fisioterapista e osteopata. Continuamo a scoprire passioni e bravura dei giovani che brillantemente raggiungono il personale traguardo nel percorso di studi intrapreso.
Ne parliamo stavolta con la giovane Michela Dossi, neo fisioterapista e osteopata.
“Il mio viaggio nel mondo dell’osteopatia è nato quasi per caso, ma ha subito acceso in me una scintilla difficile da spegnere.
Mentre frequentavo il corso di laurea in Fisioterapia, durante i tirocini clinici, ho avuto la fortuna di incontrare un tutor che ha cambiato il mio modo di vedere il corpo umano e la cura.
Non era solo un fisioterapista, ma anche un osteopata.
Osservarlo lavorare con quella sensibilità, quella profondità di ascolto e visione, ha fatto emergere dentro di me una domanda semplice quanto potente: “E se ci fosse davvero un filo invisibile che lega ogni parte del corpo all’altra?”
Da quel momento è nato il mio desiderio di approfondire questa visione sistemica, di comprendere come ogni struttura, ogni funzione, ogni sintomo sia solo un’espressione di un equilibrio più ampio e profondo.”.
Come è iniziato il tuo percorso di studi?
“Dopo un liceo scientifico che ha nutrito il mio spirito analitico e curioso, e una laurea in Fisioterapia che ha dato basi solide alla mia pratica clinica, ho scelto di proseguire il mio cammino nella formazione in osteopatia.
Un percorso intenso, fatto di studio, pratica e continua meraviglia.
Ogni materia è stata una scoperta: ogni argomento incontrava il mio desiderio di capire e il bisogno di esplorare.
Se c’è stato un terreno un po’ più complesso da attraversare, è stato quello delle tecniche craniali in ambito neonatale: affascinanti ma richiedenti un ascolto sottile, delicato, quasi poetico.
È stato un percorso piuttosto complesso sia dal punto di vista semantico, ma anche logistico: trovare il tempo e l’energia per studiare in una giornata di 10 h lavorative è stato veramente difficoltoso.
Questo si è rivelato un grosso impegno sia quotidiano, ma anche festivo.
Ho rinunciato a tanti spazi e tempi di riposo o svago per portare a compimento nei migliori dei modi questo mio obiettivo tanto desiderato.
La mia tesi in osteopatia ha avuto origine da diverse idee iniziali, poi abbandonate per la difficoltà nella standardizzazione.
Alla fine ho scelto di raccontare un caso clinico: una paziente con una scoliosi adolescenziale severa trattata chirurgicamente con artrodesi e stabilizzazione vertebrale.
Questo caso mi ha lasciato un interrogativo aperto, diventato oggi parte del mio essere osteopata: come posso essere utile, con l’approccio osteopatico, ad accompagnare e sostenere un corpo che ha vissuto un intervento così invasivo?
Come posso favorire l’adattamento, prevenire i compensi, leggere le connessioni tra le restrizioni biomeccaniche e le risposte viscerali, posturali ed emozionali?
A dare senso e forza a tutto questo percorso è stato un docente, direttore della mia formazione osteopatica, che ha rappresentato per me molto più che un insegnante.
Grazie alla sua guida, mi sono sentita come una bambina alla scoperta di un oceano di sapere: professionista da anni, eppure nuovamente capace di stupirmi e appassionarmi come il primo giorno.
Oggi, come osteopata, porto con me questa visione: un’attenzione globale alla persona, la consapevolezza che ogni sintomo ha radici profonde e che il corpo, se ascoltato, ha una straordinaria capacità di raccontarsi.
E io, con rispetto e dedizione, cerco ogni giorno di essere lì, presente, per decodificare quel linguaggio e restituire libertà, equilibrio e benessere”.
Augurando una carriera ricca di successi e soddisfazioni personali e professionali, porgiamo i complimenti della redazione
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