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    Autonomia, Lombardia apripista

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    By Redazione Milano on 21 Luglio 2025 Lombardia
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     Autonomia Regionale: la Lombardia fa da apripista, in attesa di Veneto, Piemonte e Liguria

    Milano, 20 Luglio 2025 – Un passo significativo verso l’autonomia regionale si sta delineando in Italia, con la Lombardia in prima linea per la firma delle prime intese. Questo ambizioso progetto mira a ridefinire i rapporti tra Stato e Regioni, concedendo maggiori poteri decisionali su materie chiave. L’obiettivo è accelerare i processi e rispondere in modo più efficace alle esigenze dei cittadini. La questione dell’**autonomia regionale** è tornata con forza al centro del dibattito politico.

    Il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, si mostra ottimista, lavorando per chiudere i negoziati già a settembre non solo per la Lombardia, ma anche per Veneto, Liguria e Piemonte, le altre tre Regioni che hanno avviato un percorso di trattativa con il Governo. Nonostante le “strettoie” e i “paletti” posti dalla Corte Costituzionale, come ha spiegato il Ministro alla festa della Lega di Pontida, sono stati fatti passi da gigante. Questo processo di attuazione dell’**autonomia regionale** è complesso ma determinato.

    Il focus iniziale dell’intesa lombarda è su quattro materie cruciali. Tre di queste sono considerate “non Lep” (Livelli Essenziali delle Prestazioni), ovvero non richiedono una definizione di standard uniformi a livello nazionale: Protezione Civile, Professioni (quelle che non prevedono l’iscrizione a un albo) e Previdenza Complementare Integrativa. A queste si affiancherà un capitolo di primaria importanza: la sanità, per la quale i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) sono già stabiliti, ma dove l’autonomia permetterebbe una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse e dei servizi.

    #### Sanità e non Lep: il cuore dell’intesa per l’Autonomia Regionale

    La sanità rappresenta senza dubbio la materia più significativa e attesa nell’ambito di questa maggiore **autonomia regionale**. Per la Lombardia, e in prospettiva per le altre Regioni coinvolte, ottenere maggiore libertà nella spesa delle risorse destinate alla salute potrebbe tradursi in benefici concreti per i cittadini e per il personale medico e infermieristico.

    Un esempio lampante è la possibilità di aumentare gli stipendi di medici e infermieri. In regioni di confine, come la Lombardia, questo è un aspetto cruciale per prevenire la “fuga di cervelli” e di competenze verso Paesi vicini, come la Svizzera, dove le condizioni economiche possono essere più vantaggiose. Con una maggiore autonomia finanziaria e gestionale, le Regioni potrebbero competere meglio sul mercato del lavoro sanitario, garantendo servizi di qualità superiore e una maggiore stabilità del personale. La gestione della sanità rappresenta un punto cardine nell’ottenimento di una maggiore **autonomia regionale**.

    Per quanto riguarda le materie “non Lep”, l’impatto si estenderebbe ad altri settori vitali. Una maggiore autonomia sulla Protezione Civile consentirebbe ai governatori di attivare direttamente uno stato di calamità, senza la necessità di richiedere il via libera al governo centrale. Questo snellirebbe procedure e tempi di intervento in caso di emergenze, garantendo ristori più rapidi e una gestione più efficiente delle crisi. Immaginate la velocità di risposta in caso di alluvioni o terremoti: una maggiore **autonomia regionale** potrebbe salvare vite e ridurre i danni.

    Sul fronte delle professioni non regolamentate da albi, le Regioni potrebbero incidere maggiormente nella loro regolamentazione, adattandola alle specifiche esigenze del territorio e del mercato del lavoro locale. Questo favorirebbe lo sviluppo di nuove figure professionali e una maggiore flessibilità nell’offerta di servizi. Infine, la gestione della previdenza complementare integrativa dei dipendenti pubblici offrirebbe la possibilità di personalizzare e ottimizzare i piani pensionistici, garantendo una maggiore tutela e migliori prospettive per i lavoratori regionali.

    L’ottimismo di Calderoli e le sfide da affrontare

    Il Ministro Roberto Calderoli, dopo l’incontro con il governatore lombardo Attilio Fontana, ha espresso fiducia nel fatto che “ulteriori passi in avanti” siano stati fatti. L’obiettivo è chiaro: portare un’ipotesi di intesa che, se tutto procederà come previsto, potrebbe essere sottoscritta già a settembre. Calderoli, che si definisce un “ottimo discesista” adattatosi a fare lo “slalomista” per aggirare i “paletti”, ostenta un ottimismo contagioso, dimostrando la sua determinazione nel portare a termine questo percorso di riforma dell’**autonomia regionale**.

    Tuttavia, il cammino verso l’**autonomia regionale** non è privo di ostacoli. Dal Veneto, in particolare, filtra un certo scoraggiamento. Il costituzionalista Mario Bertolissi, già membro della delegazione trattante della Regione, ha usato parole forti per descrivere la situazione: “Siamo nella palude, è dura, c’è stanchezza, ma noi insistiamo”. Questa riflessione amara evidenzia le difficoltà incontrate nel processo di riforma, che ha visto otto anni trascorsi dal referendum veneto senza una piena attuazione. La sensazione di “partenze fasulle” e una certa disaffezione, unite ai problemi internazionali ed economici, hanno messo in ombra il dibattito sull’autonomia.

    Bertolissi, pur promuovendo il lavoro di Calderoli come quello di un “mago” che è riuscito a fare ciò che ha fatto nonostante la legge fosse stata “zavorrata” e depotenziata anche da una parte del suo stesso partito, non nasconde la sua preoccupazione. A suo dire, a difendere la legge erano rimasti solo il presidente Zaia e Calderoli, e ora “è caduto tutto. Non nel dimenticatoio, direttamente in una palude”. Queste parole suggeriscono che la strada è ancora in salita e richiederà un impegno costante per superare le inerzie e le difficoltà politiche. La percezione di stallo è una sfida che l’**autonomia regionale** deve superare.

     Il Veneto tra attesa e determinazione per l’Autonomia Regionale

    Nonostante le parole di scoraggiamento di Bertolissi, il Veneto, guidato dal suo governatore Luca Zaia, rimane uno dei più convinti sostenitori dell’**autonomia regionale**. Il tema è da sempre sentito e vigorosamente propugnato nella regione, ma è chiaro che le tensioni internazionali, i conflitti bellici e le pressanti questioni economiche hanno inevitabilmente assorbito gran parte dell’attenzione politica e mediatica. Le domande pressanti di famiglie e imprese, alle prese con l’inflazione e le incertezze globali, tendono a mettere in ombra le riforme strutturali.

    Eppure, la spinta verso una maggiore autonomia non si è spenta. La determinazione del Veneto e delle altre Regioni coinvolte a proseguire il negoziato è un segnale forte. Credono fermamente che una maggiore **autonomia regionale** possa tradursi in una migliore governance, più vicina alle esigenze dei territori e capace di offrire risposte più rapide ed efficaci ai bisogni dei cittadini. Il confronto tra l’ottimismo di Calderoli e la “stanchezza” del Veneto evidenzia le complessità di un processo che coinvolge delicate dinamiche politiche e costituzionali.

    Il successo di questo progetto dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra le legittime aspirazioni delle Regioni a una maggiore autonomia e la necessità di garantire l’unità nazionale e la coesione sociale. Il dialogo tra governo centrale e autonomie locali sarà cruciale per definire un modello che possa funzionare per l’intero Paese, tenendo conto delle specificità di ogni territorio.

    Prospettive future e l’impatto sui cittadini

    Se le intese dovessero concretizzarsi a settembre, l’Italia farebbe un passo importante verso una maggiore differenziazione regionale, un modello che in altri Paesi europei ha già dimostrato la sua efficacia nel favorire lo sviluppo e l’innovazione. Per i cittadini, una maggiore **autonomia regionale** potrebbe significare servizi pubblici più efficienti, una burocrazia snellita e una maggiore capacità di risposta delle istituzioni locali alle loro esigenze.

    In particolare, l’autonomia in sanità, se ben gestita, potrebbe portare a un miglioramento della qualità delle cure, a tempi di attesa ridotti e a una maggiore attrattività per i professionisti del settore. La possibilità di influenzare la regolamentazione delle professioni e la gestione della previdenza integrativa potrebbe offrire maggiori opportunità e tutele ai lavoratori. Infine, una Protezione Civile più agile e reattiva si tradurrebbe in una maggiore sicurezza per le comunità a rischio di calamità naturali.

    Il percorso è ancora lungo e richiederà un impegno costante da parte di tutte le parti coinvolte. La capacità di “slalomare” tra gli ostacoli, come suggerito dal Ministro Calderoli, sarà fondamentale per raggiungere l’obiettivo. L’attenzione mediatica e il dibattito pubblico continueranno a monitorare l’evoluzione di questo importante processo di riforma. Il futuro dell’**autonomia regionale** in Italia si gioca ora.


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