Anche se al momento i prezzi sono in calo le materie prime ci costano 80 miliardi in più rispetto al pre covid.
Le materie prime ci costano 80 miliardi in più rispetto al pre covid
Secondo l’Ufficio studi della CGIA le materie prime ci costano 80 miliardi in più rispetto al pre covid.
Negli ultimi tre anni metalli e minerali sono rincarati mediamente del 25,7 per cento e i costi energetici sono raddoppiati.
In particolare nel settore energetico il carbone è aumentata del 463,3 per cento e il gas naturale addirittura del 671,6 per cento.
Tra i minerali solamente il piombo è in controtendenza con una diminuzione del 8,4 per cento.
L’indice dei prezzi di questi due gruppi di commodity nel 2019 è stato sostanzialmente stabile.
Ma a partire dal febbraio del 2020, con il covid che sostanzialmente ha ridotto la domanda mondiale, i prezzi si sono abbassati.
La risalita ha avuto inizio dal maggio del 2020 e la successiva ripresa economica mondiale ha spinto in alto i prezzi.
il trend si è interrotto solo ad aprile 2022 per i metalli e a settembre 2022 per l’energia.
L’Ufficio studi della CGIA fa notare che nel 2019, il prezzo dei 2 gruppi di commodity risultava ben al di sotto dei livelli medi del 2010.
Dopo la crisi del 2009 si è assistito ad un aumento progressivo dei livelli dei prezzi che ha azzerato del tutto le diminuzioni verificatesi nel periodo della recessione.
Da notare anche che l’indice dei prezzi del mese di ottobre 2022 per i metalli risulta di poco inferiore rispetto al dato medio del lontano 2010.
I prezzi dell’energia, nonostante il sensibile calo degli ultimi mesi, rimangono invece su livelli molto alti al punto che nell’ottobre 2022 sono doppi rispetto allo stesso periodo del 2019.
I noli marittimi
Anche l’aumento dei noli marittimi (+170% sul pre pandemia) ha contribuito al rialzo dei prezzi delle materie prime.
Il motivo è che il 90 per cento circa del trasporto internazionale di merci viaggia per mare e un ruolo determinante nel trasporto container lo recitano i paesi dell’estremo oriente.
Infatti la Cina, ad esempio, controlla oltre il 54 per cento della quota di mercato mondiale.
Il cuneo fiscale
L’aumento dei prezzi delle materie prime ha provocato come conseguenza l’aumento dell’inflazione che nel nostro Paese ormai viaggia su doppia cifra.
L’inflazione purtroppo colpisce maggiormente le fasce di popolazione a reddito fisso che subiscono una forte perdita di potere d’acquisto.
La conseguenza della minore capacità di spesa delle fasce di popolazione a reddito fisso è che la domanda interna è destinata a ridursi.
Per uscire da questo circolo vizioso bisognerebbe ridurre il cuneo fiscale per rimpolpare le buste paga.