Il conflitto dimenticato a 27 anni dal genocidio

Più di un milione di persone di etnia Tutsi furono massacrate durante il genocidio in Rwanda.

Il conflitto dimenticato a 27 anni dal genocidio

Il genocidio dei Tutsi del Rwanda è una delle pagine più tristi della nostra storia e anche una delle più dimenticate. Cancellata dalla memoria e non raccontata. Come se non fosse mai esistita. Il genocidio che iniziò il 6 aprile di ventisette anni fa, durò fino al 15 luglio dello stesso anno e portò alla morte di più di un milione tra Tutsi e Hutu “moderati”.

Tanti, troppi, sono i conflitti dimenticati, non studiati, non tramandati nella memoria delle persone. Uno dei più rappresentativi di questa lista di fantasmi della storia contemporanea è il genocidio perpetuato nei confronti delle persone di etnia Tutsi e degli Hutu moderati da parte degli estremisti di quest’ultimo gruppo etnico. La famosa scintilla che diede il via a uno dei periodi più bui della storia del mondo contemporaneo è l’abbattimento, avvenuto il 6 aprile 1994, dell’aereo su cui viaggiavano i presidenti del Burundi e del Rwanda (Juvénal Habyarimana). Entrambi di etnia Hutu.

Da questo momento incominciò lo sterminio, dimenticato, di più di un milione fra Tutsi, ritenuti responsabili dell’accaduto, e Hutu “moderati”. Si parla di massacri sistematici, di uccisioni con machete, bastoni chiodati, armi da fuoco. Si parla di stupri, arruolamento di bambini e luoghi religiosi violati. Un massacro nato da una differenziazione etnica dei due gruppi sorta durante gli anni in cui il Rwanda si trovava sotto l’influenza colonialista belga.

Il Rwanda è un piccolo stato della regione dei Grandi Laghi dell’Africa centro-orientale. Con alle spalle una storia di colonialismo, il Paese ha assistito negli anni Venti del secolo scorso all’instaurarsi di un sistema coloniale belga. Sistema coloniale che contribuì alla differenziazione etnica dei due gruppi esistenti in quel territorio, gli Hutu e i Tutsi. Durante questo periodo il gruppo che vide irrobustita la sua posizione al potere, grazie all’influenza belga, fu quello dei Tutsi (circa il 14% della popolazione complessiva) a svantaggio del gruppo Hutu (circa l’85% della popolazione).

Tutto questo cambiò dopo l’indipendenza della regione, avvenuta a fine anni Cinquanta. Da allora gli Hutu presero il potere e i Tutsi, che non vennero uccisi in scontri etnici, andarono in esilio nei Paesi confinanti e successivamente, negli anni Novanta, si armarono e si organizzarono nel Fronte Patriottico Ruandese (FPR). È in questi anni infatti che il Fronte Patriottico Ruandese tentò di rientrare nel territorio ruandese. Questo portò a una guerra civile che sfociò, il 6 aprile 1994, nell’inizio di quella sanguinosa e cancellata pagina della storia mondiale. Pagina che si cerca di ricordare in questi giorni.

Una pagina della storia dimenticata, cancellata, oscurata e non studiata. Una pagina che andrebbe riscoperta. Riscoperta per dare importanza a uno dei più terribili e sanguinosi fatti della storia contemporanea. Per ricordare quel milione e più di persone che nella mente di molti di noi non sono nemmeno esistiti perché non ci sono mai stati raccontati. Per ricordare e non replicare. Non solo non replicare il fatto in sé, ma tutto il retroterra che ha portato a quel fatto. Le responsabilità. Per ricordare le sfaccettature di un conflitto come questo. Per tramandare nella mente della gente un fatto che tuttora viene celato e non studiato, ma che dovrebbe essere nella mente di tutti. Come tutti i conflitti dimenticati e lasciati in un angolo della memoria, al buio, nell’oscurità, senza una luce che li riscopra e che tenti di raccontare e scoprire il perché questo sia avvenuto.

Il genocidio dei Tutsi del Rwanda finisce ufficialmente a metà luglio di ventisette anni fa. Con la fine del conflitto inizia il periodo di offuscamento. Non un oscurare ufficiale, ma un non raccontare. Un non tramandare nella memoria della gente. Perché è facile dimenticare, è facile tralasciare parti della storia che non ci interessano. Noi dimentichiamo e tralasciamo senza considerare che questi fatti sono avvenuti, queste persone sono morte e che una ferita così è difficile da sanare. Difficile da sanare ma almeno non andrebbe replicata e il miglior modo per non replicare è ricordare.

Linda Lapersi