Fipe – Confcommercio, "Il DPCN è un colpo ferale per i locali. Servono interventi subito o il settore muore"

La Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi prospetta il rischio chiusura per 50.000 imprese e la perdita del lavoro per 350.000 lavoratori.

Fipe – Confcommercio, "Il DPCN è un colpo ferale per i locali. Servono interventi subito o il settore muore"

“Le misure contenute nel nuovo Dpcm approvato dal Consiglio dei ministri rappresentano un colpo mortale per un settore già in gravissima crisi che vede il rischio chiusura per 50.000 imprese e la perdita del lavoro per 350.000 lavoratori. Questo, numeri alla mano, il risultato se si proseguirà sulla strada delle chiusure anticipate, invece di incrementare i controlli per punire chi non rispetta le regole. Bar, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese di banqueting e catering, imprese dell’intrattenimento sono state le realtà più colpite dalla crisi economica determinata dal Covid. Ma sono state anche quelle meno supportate. Senza aiuti significativi e concreti, siamo destinati chiudere per sempre, rinunciando a uno dei fiori all’occhiello dell’offerta turistica nazionale e a un tassello fondamentale della filiera agroalimentare ital iana”.

Così il presidente di Fipe – Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Lino Enrico Stoppani, al termine del Consiglio direttivo che si è tenuto questa mattina, in seguito all’approvazione del nuovo Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri sulle misure di contenimento del Covid-19.

“Tra i nostri imprenditori – prosegue Stoppani – c’è ancora chi deve pagare i debiti accumulati durante il lockdown di marzo e chi deve ammortizzare gli investimenti fatti per mettere il proprio locale in regola secondo il protocollo siglato a maggio. È impensabile che si possa far fronte a una nuova riduzione dell’attività, mentre nessuno sta muovendo un dito per ridurre le spese cui i gestori dei pubblici esercizi sono tutt’ora costretti. Dagli affitti, al fisco. Se prima non si interviene in maniera decisa su queste due voci, non è possibile accettare nuove limitazioni al nostro lavoro”.