Coronavirus, parte indagine di Confartigianato Artser

Coronavirus, parte indagine di  Confartigianato Artser

Coronavirus, una nuova normalità?
Parte l’indagine di Confartigianato Artser
per capire come stanno cambiando economia e imprese

Quindici domande per verificare il tipo di reazione delle Pmi all’emergenza da Coronavirus. «Si invoca un ritorno alla normalità, ma forse indietro non si tornerà, dobbiamo costruirci una nuova normalità più sicura, protetta, prudente e organizzata». Qualche esempio? «Impiego estensivo di telelavoro e smart working ma anche ottimizzazione degli spostamenti, surrogati dall’impegno della tecnologia per le connessioni»

Ascoltiamo la voce delle imprese per capire come sostenerle nel momento della crisi ma anche per cercare di comprendere come il Coronavirus potrebbe modificare, non solo i comportamenti sociali, ma anche il nostro modo di organizzare l’economia e il fare impresa.

«Come stiamo cambiando?» è la domanda che sta alla base della survey di quindici domande che nella mattinata di oggi – lunedì 2 marzo - è stata inviata a più di diecimila imprese industriali, artigiane e commerciali da Confartigianato Artser e che punta a raggiungere il duplice obiettivo della conoscenza del bisogno e del cambiamento. All’indagine possono però rispondere tutte le imprese anche attraverso il sito www.asarva.org.

«Sin dall’inizio della crisi da Codiv-19 abbiamo monitorato i cambiamenti all’interno delle imprese e ne abbiamo colti di significativi – spiega il direttore generale di Confartigianato Artser, Mauro Colombo – Con questa indagine andiamo ancora più a fondo, avviamo una mappatura strutturale per restituire al territorio, agli stakeholder e agli stessi imprenditori la nuova economia ai tempi del Coronavirus, che non deve avere paura e deve adattarsi a una situazione imprevista».

«Con le testimonianze delle storie di impresa che pubblicheremo nei prossimi giorni – e che rappresentano un punto fermo anche in momenti difficili – vogliamo testimoniare come il tessuto economico e sociale si sta trasformando forse più velocemente di quanto non avrebbe fatto in assenza di questa scossa violenta: i primi segnali sono già evidenti e, attraverso il sondaggio, contiamo di renderli concreti e di metterli a disposizione di tutti i decisori».

«Il rischio del Coronavirus non è solo legato alla salute delle persone, che resta ovviamente prioritaria, ma è strettamente connesso all’economia del nostro territorio. Il collasso della sanità e una diffusione incontrollata dell’epidemia, che può essere contenuta solo attraverso le misure di prevenzione messe finora in atto dalle autorità sanitarie pubbliche, causerebbe un danno economico superiore a quello consumatosi sino ad oggi» riflette il Dg.

Per ciò tutti, nessuno escluso, nemmeno le imprese, dovranno adottare comportamenti individuali ed organizzativi efficaci: «Il ritorno alla normalità che invochiamo non può che passare dal mantenimento delle procedure di prevenzione e di riduzione del rischio e dall’introduzione di buone prassi operative all’interno delle aziende o tra aziende differenti».

Cambierà il modo di comunicare, si modificheranno le caratteristiche delle filiere produttive, le logiche di distribuzione dei prodotti e quelle per l’accesso ai servizi. «Non torneremo alle condizioni pre-Coronavirus: dobbiamo costruirci una nuova normalità più sicura, protetta, prudente e organizzata, mettendo in discussione abitudini e metodi di lavoro consolidati».

«#nonabbiamopaura, il messaggio social che come Confartigianato stiamo diffondendo in questi giorni, non è solo un hashtag o un modo per spronare il territorio, è un dato di fatto: non dobbiamo avere paura neppure di costruire il nuovo» mette in rilievo Colombo, che chiarisce: «La survey indirizzata a tutte le aziende sarà fondamentale per cogliere spunti e criticità che richiedono un ripensamento delle regole economiche e quindi il supporto di risorse pubbliche e private per affrontarle».

Colombo è convinto che la lezione, durissima, del Coronavirus trasformerà le aziende rendendole più forti e consapevoli della propria capacità organizzativa e produttiva, ma anche più attente nella gestione del cliente e della catena della fornitura. Si pensi all’impiego estensivo di forme di telelavoro e smart working ma anche all’ottimizzazione degli spostamenti di cose e persone, integrati dall’impegno della tecnologia per le connessioni; al ricorso ad approvvigionamenti “local” anziché glocal (la “lezione cinese” pesa sui magazzini di molte imprese); alla prevenzione – così come all’ecosostenibilità – da intendersi come forma di business e di innalzamento del valore dell’impresa all’occhio sempre più attento di clienti e fornitori. E, ancora, all’importanza della formula della lean production nei processi produttivi, al rafforzamento di relazioni solide e continuative con i clienti attraverso l’impiego delle piattaforme social; alla minore dipendenza da mercati unici e ad una gestione più oculata delle materie prime e dei prodotti di vendita.

Se le aziende sapranno affrontare questo ulteriore cambiamento, molto dipenderà anche dal contributo di risorse economiche, agevolazioni finanziarie e semplificazioni burocratiche che Stato e Amministrazioni pubbliche metteranno a disposizione. Stiamo vivendo una situazione di emergenza, estremamente pericolosa sotto tutti gli aspetti: l’intervento del pubblico per funzionare non potrà che essere significativo, moderno e per certi versi radicale.

«Per quanto ci riguarda – è la conclusione di Colombo – ci stiamo muovendo in queste direzioni con l’obiettivo di restare un punto fermo e una garanzia di continuità per tutte le imprese del territorio».

Per compilare il questionario cliccare QUI.