Coronavirus e inadempimento contrattuale: causa di forza maggiore?

Coronavirus e inadempimento contrattuale: causa di forza maggiore?

di Avv. Alessandro Bellofiore – BSVA – Studio Legale Associato

L’emergenza coronavirus sta avendo un fortissimo impatto sull’economia, sugli scambi e sui rapporti contrattuali interni e internazionali. Per quanto riguarda i rapporti commerciali i casi sono e saranno i più vari, ma i più frequenti saranno senz’altro rappresentati da ritardi o impossibilità di consegnare prodotti e materiali per difficoltà di approvvigionamento, con un effetto domino che renderà difficile ricostruire la catena delle responsabilità e circoscriverne l’ambito.

Si pensi, ad esempio, a un produttore italiano di elettrodomestici che abbia stipulato un contratto per la vendita di prodotti con un importatore statunitense il quale, a propria volta, si sia impegnato con i propri clienti. Supponiamo ora che il nostro produttore italiano acquisti parte dei componenti da un importatore tedesco di prodotti cinesi la cui produzione sia sospesa per ordine del governo cinese nell’ambito delle azioni volte a contrastare il propagarsi dell’epidemia. Quale sarà l’effetto finale del nostro caso? L’importatore statunitense sarà ritenuto responsabile del ritardo o della mancata consegna dei prodotti dai propri clienti e cercherà quindi di rivalersi sul produttore italiano il quale, a propria volta, chiederà di essere indennizzato all’importatore tedesco di componenti. Quest’ultimo non avrà altra possibilità se non quella di rivolgere le proprie domande risarcitorie al produttore cinese, il quale gli opporrà la propria assoluta impossibilità di poter adempiere ai propri obblighi per motivi di forza maggiore.

E’ chiaro che, trovandosi coinvolti in una simile catena, il rischio di restare con il cerino in mano è altissimo. Quali sono le regole che permetteranno agli eventuali giudici o arbitri di risolvere ciascuna delle controversie, attribuendo così il cerino a uno o più dei personaggi coinvolti?

In primo luogo, i giudici esamineranno le disposizioni del contratto che lega le parti in lite avanti a lui, al fine di comprendere quale sia la legge applicabile e se le parti abbiano disciplinato espressamente ipotesi come quella in esame.

Per semplicità limitiamo il nostro esempio alle liti che potrebbero coinvolgere il produttore italiano e ipotizziamo che i contratti che lo legano al fornitore tedesco e all’importatore statunitense prevedano l’applicazione della legge italiana.

Il giudice in prima istanza analizzerà le clausole contrattuali al fine di verificare se, e come, le parti abbiano inteso disciplinare ipotesi simili. Il contratto, ad esempio, potrebbe prevedere che il ritardo nella consegna non possa essere in alcun modo giustificato, stabilendo una penale per il ritardo, oppure le parti potrebbero aver pattuito una clausola di esonero di responsabilità della parte che non abbia potuto adempiere ai propri obblighi in quanto impossibilitata da eventi di caso fortuito o forza maggiore.

In quest’ultimo caso occorrerà valutare in primo luogo se la diffusione del coronavirus, che il 30 gennaio scorso l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato "Public Health Emergency of International Concern (PHEIC)” possa essere considerata una causa di forza maggiore, per poi analizzare con attenzione il testo contrattuale e verificare se il blocco della produzione di un componente in Cina possa essere considerato sufficiente a ridurre o eliminare la responsabilità dell’importatore tedesco, che non ha potuto garantire la fornitura dei componenti, o del produttore italiano, che non ha potuto eseguire la vendita a valle.

Quello di forza maggiore non è un concetto univoco, ma può variare da giurisdizione a giurisdizione e soprattutto da contratto a contratto, potendo le parti espressamente includere o escludere dalla nozione di forza maggiore determinati eventi. Con la conseguenza che l’incidenza della forza maggiore dovrà essere valutata caso per caso in relazione allo specifico rapporto contrattuale.

Tipicamente, a livello internazionale, secondo quanto affermato anche dai principi Unidroit, sono considerate cause di forza maggiore quelle circostanze estranee alla sfera di controllo della parte obbligata, che determinano un impedimento che la parte stessa non era ragionevolmente tenuta a prevedere al momento della conclusione del contratto, né poteva evitare o superare l’impedimento stesso o le sue conseguenze.

Tra queste i contratti sono soliti contemplare le catastrofi naturali, quali incendi, terremoti, alluvioni, inondazioni, uragani, etc. o eventi umani di particolare gravità, come guerre, atti terroristici, rivolte, scioperi, ordini del governo.

La diffusione del coronavirus viene in rilievo sia quale causa di impossibilità naturale, per l’impatto del virus sulla salute e quindi sulla possibilità della catena di approvvigionamento di fornire servizi, sia come conseguenza indiretta delle misure adottate dalle autorità pubbliche per contenere il virus. L’imposizione di quarantene, di limiti alla circolazione, la chiusura dei porti o dei traffici aerei hanno infatti un’incidenza inevitabile sulla corretta e tempestiva esecuzione delle obbligazioni contrattuali.

A sostegno degli imprenditori colpiti dall’epidemia, e al fine di temperare le conseguenze sul piano delle relazioni commerciali internazionali, il China Council for the Promotion of International Trade (i.e. agenzia accreditata presso il Ministero del Commercio Cinese), sta mettendo a disposizione certificati di forza maggiore, volti ad attestare che l’eventuale ritardo o inadempimento è direttamente causato dall’epidemia. Un’analogia può del resto ravvisarsi con l’epidemia SARS del 2003, a fronte della quale vi sono stati alcuni arbitrati e tribunali cinesi che hanno effettivamente riconosciuto la sussistenza di cause di forza maggiore.

L’espressa previsione contrattuale o la configurabilità del coronavirus come causa di forza maggiore non determinano tuttavia automaticamente un’esenzione o una limitazione di responsabilità.

Occorre infatti, valutare: (i) come l’impedimento abbia inciso sulla corretta esecuzione o sull’esecuzione tout court delle obbligazioni contrattuali, (ii) il rispetto degli obblighi eventualmente stabiliti dal contratto e (iii) il grado di diligenza adoperato dall’obbligato una volta verificatosi l’evento.

In genere sarà contrattualmente previsto che la parte che ha subito l’impedimento informi il prima possibile l’altra delle circostanze verificatesi e delle potenziali conseguenze, e adotti le misure ragionevolmente possibili per mitigare i pregiudizi dell’evento.

Nel caso ipotizzato, occorrerà ad esempio considerare se l’imprenditore tedesco si sia attivato o avrebbe potuto attivarsi in tempo utile per limitare le conseguenze del diffondersi del virus sulla propria attività, adottando misure idonee a continuare a soddisfare i propri obblighi contrattuali o, ad esempio, individuando un diverso fornitore non interessato dal virus. 

In conclusione, la complessità della materia non lascia spazio a risposte generali, ma impone un’analisi caso per caso: è verosimile che, in linea di principio, l’epidemia possa essere considerata una causa di forza maggiore che esonera da colpa l’obbligato inadempiente, ma il giudizio non potrà non tenere conto del contenuto specifico delle clausole contrattuali e di quanto possa essere concretamente e ragionevolmente richiesto al soggetto inadempiente secondo criteri di diligenza ed equità.