Parcheggiatori abusivi: la Cassazione conferma la condanna anche senza scambio di denaro
La Corte di Cassazione ha impresso una svolta decisiva nel contrasto al fenomeno dei parcheggiatori abusivi, stabilendo un principio legale che promette di cambiare l’approccio giudiziario verso questa attività illecita. Con la sentenza numero 38148/2025, pubblicata il 24 novembre, i giudici della quarta sezione penale hanno chiarito che il reato si configura indipendentemente dal fatto che il “guardiamacchine” riceva effettivamente una somma di denaro dagli automobilisti. Questa decisione rappresenta un segnale di estremo rigore, volto a tutelare la legalità nelle aree urbane più congestionate.
Il cuore della vicenda riguarda l’interpretazione dell’articolo 7, comma 15-bis, del codice della strada. Secondo la suprema corte, l’attività di parcheggiatore abusivo viene punita per il semplice fatto di essere esercitata senza la necessaria autorizzazione amministrativa. Non è dunque necessario che vi sia una transazione economica o che la richiesta di denaro sia accompagnata da atteggiamenti molesti o estorsivi. La condotta vietata risiede nell’organizzazione non autorizzata del posteggio e nell’assistenza alle manovre, elementi che minano la gestione pubblica degli spazi urbani.
Il caso del cinquantenne napoletano e la decisione dei giudici
La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso presentato da un uomo di cinquant’anni, sorpreso in una piazza del centro storico di Napoli mentre era intento a dirigere gli automobilisti nelle operazioni di parcheggio. Nonostante la difesa avesse puntato sulla mancanza di prove relative al passaggio di denaro e su precedenti assoluzioni ottenute dall’imputato in casi analoghi, i magistrati hanno confermato la responsabilità penale. La Corte d’appello aveva già ridotto la pena a due mesi di arresto e 900 euro di ammenda, una condanna che ora diventa definitiva.
L’elemento determinante per la condanna è stata la reiterazione del comportamento. L’uomo era infatti già stato sanzionato in via amministrativa nel maggio del 2020. Poiché la condotta è stata ripetuta a distanza di meno di un anno, l’illecito è passato da amministrativo a penale, come previsto dalla normativa vigente sulla recidiva. Per i giudici, il fatto che l’imputato stesse attivamente fornendo indicazioni per le manovre denotava una, seppur minima, organizzazione dell’attività illecita.
Perché non conta il guadagno effettivo del parcheggiatore
La tesi difensiva, che mirava a derubricare il fatto per l’assenza di lucro documentato, è stata rigettata con fermezza. La Cassazione ha sottolineato che la ricezione di una somma di denaro o di altra utilità non è un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice. In altre parole, la legge non punisce il profitto in sé, ma l’esercizio abusivo di una funzione (quella di guardiamacchine) che richiede per legge un titolo abilitativo rilasciato dall’ente proprietario della strada.
Questa interpretazione estende notevolmente il raggio d’azione delle forze dell’ordine. Non sarà più necessario cogliere il parcheggiatore nel momento esatto dello scambio delle monete per procedere con la denuncia. Sarà sufficiente documentare l’attività di gestione del parcheggio, come il segnalare i posti liberi o l’aiutare nelle manovre, per far scattare le sanzioni previste dal codice della strada, purché il soggetto sia già stato precedentemente diffidato o sanzionato.
Il ruolo dello sportello dei diritti e le reazioni alla sentenza sui parcheggiatori.
Sulla questione è intervenuto Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il quale ha evidenziato come questa sentenza offra uno strumento normativo più solido per contrastare un fenomeno che degrada il vivere civile. La presenza costante di figure non autorizzate nelle zone di grande afflusso, come centri commerciali o aree prossime a eventi sportivi, genera spesso un senso di insicurezza nei cittadini, che si sentono talvolta obbligati a versare contributi non dovuti per evitare ritorsioni sui propri veicoli.
Parcheggiatori, la decisione degli ermellini chiarisce inoltre che le assoluzioni ottenute in altri procedimenti non hanno valore automatico nel giudizio attuale. Ogni accertamento è autonomo e si basa sulla specifica annotazione di polizia giudiziaria. Se il verbale attesta che il soggetto stava esercitando l’attività in modo evidente, la mancanza di prove sul pagamento diventa del tutto irrilevante ai fini della colpevolezza.
Implicazioni per la sicurezza urbana e la vivibilità delle città
Il pugno di ferro della Cassazione mira non solo a punire il singolo trasgressore, ma a fungere da deterrente per un’attività che spesso funge da anticamera per forme di criminalità più strutturate. La gestione abusiva dei parcheggi sottrae entrate legittime ai comuni e crea disparità di trattamento tra i cittadini. Con questa sentenza, si ribadisce che il controllo del suolo pubblico deve restare esclusivamente in mano alle autorità competenti.
L’auspicio delle associazioni dei consumatori e delle autorità locali è che questo orientamento giurisprudenziale possa scoraggiare la diffusione di tali pratiche. Una maggiore severità nell’applicazione delle pene, unita alla possibilità di confiscare eventuali somme rinvenute, potrebbe rappresentare la chiave per restituire ordine e decoro alle piazze italiane, rendendole più sicure e accessibili senza condizionamenti esterni illegittimi.
Conclusione e prospettive future
La sentenza 38148/2025 fissa un punto di non ritorno nella lotta all’abusivismo stradale. La chiarezza con cui la Suprema Corte ha separato il concetto di attività abusiva da quello di lucro effettivo semplifica le procedure di accertamento e garantisce che la sanzione penale colpisca l’ostinazione nel violare le regole. Per gli automobilisti, si tratta di una conferma del diritto a fruire degli spazi pubblici senza dover sottostare a dinamiche di pressione, indipendentemente dalla natura, “gratuita” o meno, dell’aiuto offerto dal parcheggiatore non autorizzato.






