Gallarate. Violenza politica: l’aggressione a Ballarati è un attacco alla democrazia
La notizia dell’aggressione subita da Andrea Ballarati, promotore del Remigration Summit di Gallarate, rappresenta un punto di rottura e un segnale d’allarme che nessuna coscienza democratica può permettersi di ignorare. Si è trattato di un’azione vile, brutale, che non può essere derubricata a semplice cronaca. Questo è un episodio di violenza politica nel senso più puro e pericoloso del termine.
Esprimo la più ferma e totale condanna per quanto accaduto. Un’aggressione fisica che puzza di intolleranza ideologica, un tentativo di zittire con la forza chi la pensa diversamente. Ad Andrea Ballarati, con cui ho avuto modo di confrontarmi durante l’evento da lui organizzato, va tutta la mia incondizionata solidarietà, sia umana che politica. La sua unica colpa, agli occhi degli aggressori, è stata quella di aver esercitato un diritto fondamentale: la libertà di espressione.
Il clima d’odio come terreno fertile per la violenza
Non possiamo, tuttavia, sorprenderci ipocritamente di questa escalation. Da anni assistiamo a una progressiva e sistematica intossicazione del dibattito pubblico. Un clima avvelenato in cui una certa parte politica, la sinistra italiana, ha giocato un ruolo determinante. L’uso costante di un linguaggio sprezzante, di insinuazioni e di accuse infamanti ha costruito, mattone dopo mattone, un muro di ostilità.
Chi non si allinea al pensiero dominante viene sistematicamente etichettato. Siamo bollati come “razzisti”, “ignoranti”, “impresentabili”, “indegni di avere parola”. Questa non è critica politica, è una deliberata strategia di criminalizzazione dell’avversario. L’obiettivo è chiaro: delegittimare l’interlocutore non sulle sue idee, ma sulla sua stessa persona, rendendolo un nemico pubblico.
Questa strategia è pericolosa e irresponsabile. De-umanizzare chi la pensa diversamente crea il terreno fertile su cui le frange più radicali ed estremiste si sentono giustificate a passare dalle parole ai fatti. Se una persona viene descritta costantemente come un pericolo, come un male assoluto, qualcuno, alla fine, si sentirà in dovere di “neutralizzare” quel pericolo con ogni mezzo. La violenza diventa, nella mente di chi la compie, un atto quasi meritorio.
Un’escalation che richiama i tempi bui degli anni di piombo
L’aggressione di Gallarate non è un caso isolato. È la punta di un iceberg di intolleranza che sta crescendo in tutto il Paese. Il ritorno di una violenza politica così sfacciata, che non teme di manifestarsi alla luce del sole, deve destare una profonda preoccupazione in tutte le forze politiche, senza alcuna distinzione di schieramento.
Evocare gli anni di piombo non è un’esagerazione retorica, ma un monito necessario. Quella stagione oscura della nostra Repubblica è iniziata proprio così: con l’intolleranza che si è trasformata in scontro fisico, e lo scontro fisico in lotta armata. Non possiamo permettere che la storia si ripeta, nemmeno in forme diverse. La democrazia vive di dialogo, di confronto, anche aspro, ma non può sopravvivere alla violenza.
Quando le idee vengono combattute con i bastoni e non con altre idee, significa che il patto di convivenza civile si è spezzato. Ignorare questi segnali, minimizzarli o, peggio ancora, giustificarli in base all’appartenenza politica della vittima, significa essere complici di una deriva che potrebbe portarci verso un baratro.
L’appello alla responsabilità della politica
Di fronte a un fatto così grave, il silenzio è inaccettabile. Mi auguro che il Partito Democratico e tutti gli altri esponenti della sinistra, a ogni livello, prendano le distanze in modo netto, chiaro e inequivocabile da quanto accaduto a Gallarate. Non bastano condanne di facciata o distinguo cavillosi.
Serve un’assunzione di responsabilità. Serve ammettere che un certo tipo di narrazione ha delle conseguenze. È necessario che la sinistra smetta di usare un linguaggio divisivo, carico di livore e di disprezzo. È fondamentale tornare a riconoscere nell’avversario politico un interlocutore legittimo, con cui ci si può e ci si deve confrontare, non un nemico da abbattere.
La politica deve tornare a essere un luogo di mediazione e di sintesi, non un’arena in cui vince chi urla più forte o chi intimidisce l’altro. La responsabilità di abbassare i toni è di tutti, ma chi ha contribuito più di altri ad alzarli ha oggi il dovere morale di fare il primo passo.
Difendere la libertà di espressione, sempre
In conclusione, l’aggressione ad Andrea Ballarati non è un attacco a una singola persona o a una specifica idea politica. È un attacco al cuore della nostra democrazia: la libertà di pensiero e di espressione. Un diritto sancito dalla nostra Costituzione, che non ammette eccezioni o condizioni, le parole della Tovaglieri
Oggi è toccato a lui, domani potrebbe toccare a chiunque altro esprima un’opinione non conforme. La nostra risposta deve essere unita e ferma. La democrazia si difende ogni giorno.