Taketombo, il lungo volo dell’AW139 raccontato da Andrea Liotti
Ci sono libri che nascono da un’idea, e altri che nascono da una vita intera passata a volare. Taketombo appartiene senza dubbio a questa seconda categoria.

È il frutto di un’esperienza straordinaria, di migliaia di ore di volo accumulate nei cieli di oltre settanta Paesi, e di un amore profondo per l’elicottero che più di ogni altro ha segnato un’epoca: l’AW139.
Andrea Liotti, autore del libro, è prima di tutto un pilota. Professionista dal 1988, ha alle spalle una carriera intensa e poliedrica: ha servito nell’Esercito Italiano come pilota di elicotteri militari fino al 2001, partecipando a missioni complesse e di alto profilo anche all’estero. Dal 2001 al 2007 ha volato nel soccorso, partecipando a innumerevoli interventi di emergenza in cui competenza, lucidità e umanità si fondono in un tutt’uno. Dal 2008 è istruttore presso AgustaWestland (oggi Leonardo), dove ricopre anche il ruolo di esaminatore e pilota per i voli tecnici post-manutenzione.
Oltre sessanta elicotteri consegnati nel mondo, migliaia di ore di volo e una visione maturata in contesti diversissimi: il profilo di Andrea Liotti racconta da sé la profondità di esperienza che ritroviamo in ogni pagina del suo libro.
Ma Taketombo non è un manuale tecnico. È un racconto romanzato — e per certi versi ironico — ispirato a un’impresa reale: il volo più lungo mai compiuto con un AW139 dall’Italia al Nepal. Un viaggio che diventa occasione per guardare il mondo dall’alto senza mai perdere il contatto con la terra, intrecciando la bellezza del volo con le emozioni e i turbamenti interiori di chi siede ai comandi.

La struttura del libro è originale. Ai capitoli del racconto, che seguono il viaggio, si alternano lettere immaginarie tra Leonardo da Vinci e un misterioso interlocutore, “GA”, la cui identità verrà svelata solo nell’ultima pagina. Un piccolo gioco intellettuale che accompagna il lettore, offrendo spunti ironici e riflessioni profonde sul significato del volo e sull’evoluzione delle macchine ad ala rotante.
Non mancano naturalmente i dettagli tecnici, trattati però con grande cura per rendere il testo accessibile anche a chi non ha mai messo piede in cabina di pilotaggio. Alla fine di ogni capitolo, infatti, ci sono note esplicative che chiariscono procedure, acronimi e termini di volo. È un espediente elegante che permette di conciliare due mondi: quello degli addetti ai lavori, che ritroveranno la precisione operativa di un pilota esperto, e quello dei lettori curiosi, che potranno comprendere e apprezzare ogni passaggio.
Il titolo stesso, Taketombo, è una piccola rivelazione. Si tratta del nome di un antico giocattolo giapponese — una sorta di elica in bambù che vola in aria se fatta girare tra le dita — che i navigatori e i commercianti portarono in Occidente già secoli fa. Secondo l’autore, sarebbe stato il nome perfetto per chiamare tutte le macchine ad ala rotante, perché rappresenta allo stesso tempo ingegno, passione e amore per il cielo. Un omaggio alla leggerezza e all’intuizione umana, che nel libro diventa simbolo di un viaggio fisico e interiore.

Leggendo Taketombo, si percepisce subito che non ci troviamo davanti a una semplice opera letteraria: è il racconto di un modo di vivere il volo. È la testimonianza di chi ha attraversato il pianeta seduto ai comandi di uno degli elicotteri più riusciti al mondo, e che ora sceglie di condividere questa esperienza con leggerezza, ironia e profondità.
Il libro è pubblicato da La Strada per Babilonia e, fino all’11 ottobre, è possibile prenotare la propria copia al prezzo di lancio ricevendo l’edizione autografata dall’autore. Un’occasione per portarsi a casa non solo un volume appassionante, ma anche un frammento autentico di una vita passata tra le nuvole e le cabine di pilotaggio.
Per chi ama l’aviazione, per chi sogna di volare, ma anche per chi è semplicemente curioso di scoprire cosa significhi attraversare il mondo in elicottero, Taketombo è un invito a salire a bordo. Un viaggio che parla di bellezza, desiderio, professionalità e, perché no, di un briciolo di sana follia.



