Educare. Dal primo al secondo figlio: come cambia il ruolo dei genitori e perché serve un nuovo equilibrio
La nascita di un secondo figlio rappresenta una tappa importante nella vita di una famiglia. Educare porta gioia, ma anche nuove sfide. I genitori devono affrontare un cambiamento nel proprio ruolo, rivedere dinamiche già consolidate e costruire un equilibrio capace di garantire serenità a tutti.
La psicologa Barbara Bove Angeretti, autrice del libro Educare con empatia, sottolinea quanto sia fondamentale, in questo passaggio, riconoscere e rispettare i bisogni individuali di ciascun figlio. Ogni bambino è unico. Ha il proprio temperamento, le proprie emozioni e necessità. Trattare i figli in modo equo, non identico, è il primo passo per evitare conflitti e squilibri affettivi.
Il secondo figlio entra in una famiglia già strutturata
A differenza del primogenito, il secondo figlio non arriva in un contesto neutro. Entra in una realtà che ha già delle regole, un linguaggio affettivo, abitudini quotidiane, aspettative definite. Tutto è stato, in un certo senso, “modellato” sul primo.
Questo può generare nel secondogenito tre possibili vissuti:
una sensazione di confronto e competizione con il fratello maggiore, alimentata spesso da dinamiche educative involontarie come le “gare” tra fratelli per ottenere collaborazione;
la percezione di essere “in ritardo” o “in svantaggio” rispetto al fratello o sorella più grande;
un atteggiamento di compiacenza o sottomissione, per non turbare l’equilibrio familiare già esistente.
Evitare confronti e favoritismi
Uno dei rischi più comuni è quello di instaurare confronti continui. Frasi come “Tuo fratello alla tua età faceva già questo” o “Perché non sei come tua sorella?” creano frustrazione, senso di inadeguatezza e rabbia. La competizione tra fratelli non va mai alimentata, neppure con finalità educative.
È invece essenziale riconoscere il valore delle differenze. Come afferma la dottoressa Bove Angeretti: “I figli sono unici, non uguali”. Questo significa che non si possono trattare allo stesso modo, ma si possono e si devono trattare con equità.
Trattare equamente significa dare ascolto ai bisogni diversi di ciascun figlio, adattando risposte, regole e attenzioni senza creare favoritismi. Questo non significa concedere di più a uno o meno all’altro, ma rispondere con flessibilità alle situazioni.
L’importanza della regola
Secondo la psicologa, uno degli strumenti fondamentali per ogni genitore è la regola. Non imposta in modo autoritario, ma condivisa, chiara e coerente. La regola aiuta i bambini a sentirsi sicuri, a riconoscere i limiti e a interiorizzare il concetto di rispetto reciproco.
Le regole sono ancora più importanti quando ci sono più figli. Offrono un quadro di riferimento stabile e riducono i conflitti, se vengono applicate con coerenza e senza favoritismi.
L’identità si costruisce anche attraverso i genitori
Il modo in cui un genitore guarda, ascolta e risponde a un figlio contribuisce a costruirne l’identità. È attraverso lo sguardo e il comportamento dell’adulto che un bambino sviluppa la percezione di sé.
Per questo, è fondamentale che i genitori siano consapevoli dei propri atteggiamenti e delle emozioni che trasmettono. Evitare di proiettare sui figli le proprie frustrazioni o aspettative è un passo importante per educare in modo sano ed equilibrato.
Un bambino che sente di essere accolto per ciò che è, senza dover competere per ottenere attenzione o affetto, cresce più sicuro, empatico e autonomo.
Il rischio dell’iperprotezione
Proteggere un figlio da ogni disagio o frustrazione può sembrare un gesto d’amore, ma in realtà impedisce lo sviluppo della resilienza. I bambini hanno bisogno di affrontare piccole difficoltà per imparare a gestire le emozioni, i conflitti e le delusioni.
L’educazione non deve mirare alla perfezione, ma alla crescita emotiva. E questo avviene anche quando si permette a un bambino di affrontare le proprie fatiche, con il sostegno presente ma non invadente dei genitori.
Gestire le gelosie tra fratelli
Con l’arrivo del secondo figlio è normale che il primo possa manifestare gelosia. Questo è un sentimento naturale e va accolto con empatia. Non bisogna punire né ridicolizzare un bambino geloso, ma riconoscere il suo bisogno di rassicurazione.
Anche il tempo esclusivo diventa importante. Trovare momenti da dedicare solo al primo figlio, anche se brevi, aiuta a rinforzare il legame e a confermare il suo posto nel cuore dei genitori.
Allo stesso modo, il secondogenito non deve essere visto come “il piccolo” da proteggere sempre. Deve poter costruire anche lui la sua autonomia e il proprio spazio, senza essere costantemente paragonato al maggiore.
Ruoli e relazioni in evoluzione
Con due figli, i genitori devono adattare il proprio ruolo. Non possono più essere solo “educatori”, ma anche mediatori, osservatori attenti e facilitatori di relazioni sane.
Questo significa imparare a educare:
non schierarsi durante i litigi
non attribuire etichette (“sei sempre quello che litiga”, “sei il buono”)
non cercare il colpevole, ma favorire il dialogo
L’obiettivo è costruire un clima familiare in cui ogni figlio si senta visto, rispettato e valorizzato. In questo contesto, anche i conflitti diventano occasioni di crescita e non momenti di rottura.
Un nuovo equilibrio possibile come educare
L’arrivo del secondo figlio cambia tutto. Ma non in peggio. Cambia la relazione, la routine, il modo di pensare e agire. Per costruire un equilibrio nuovo serve tempo, ascolto, presenza e tanta consapevolezza.
I genitori non devono essere perfetti, ma autentici. Devono imparare a conoscere davvero i propri figli, ciascuno con il suo carattere e i suoi bisogni. Solo così potranno guidarli con amore, fermezza e rispetto.
Come sottolinea Barbara Bove Angeretti, “educare con empatia” è possibile. Ma richiede impegno. E, soprattutto, la disponibilità a mettersi in gioco ogni giorno.
Ogni figlio ha diritto a sentirsi accolto per quello che è. Ogni famiglia può trovare il suo equilibrio, se parte dal riconoscimento della diversità come risorsa, e non come ostacolo.
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