Varese, Santa Messa in Suffragio di Mons. Giovanni Giudici
Mons. Giovanni Giudici è stata celebrata martedì 20 febbraio nella Basilica di San Vittore a Varese una Santa Messa in suffragio per sua Ecc.za Mons. Giovanni Giudici, scomparso lo scorso 18 gennaio.
A presiedere la celebrazione Eucaristica è stato il Vicario generale, Mons. Franco Agnesi.
Proponiamo di seguito il testo dell’omelia del Vicario Generale.
“Varese – Basilica di San Vittore Martedì 20 febbraio 2024 – messa in suffragio di mons. Giovanni Giudici
Omelia di mons. Franco Agnesi
Siamo qui per ricordare il vescovo Giovanni Giudici, che tutti noi abbiamo conosciuto come uomo accogliente, aperto e intelligente che non guardava agli aspetti esteriori, ma al cuore delle persone. Un vero educatore che ha dato tanto alla chiesa milanese e italiana. Un sacerdote ricco di umanità, sorridente, mite e profondo.
Era il “bel pastore”, come qualcuno lo ha ben presentato.
Assistente dell’Azione Cattolica diocesana, parroco a Sant’Anna a Milano, Vicario di Zona a Varese, Vicario Generale della diocesi con il card. Martini e poi Vescovo di Pavia e Presidente di Pax Christi:
questi sono stati alcuni dei servizi a cui è stato chiamato e durante i quali ci ha incontrati, fino a questi ultimi anni trascorsi alla Brunella, nella città di Varese, in cui ha allacciato e rinforzato amicizie e legami.
Ma don Giovanni adesso direbbe: “basta parlare di me”! Soffermati sulla Parola di Dio che abbiamo letto. Lo faccio con semplicità, ma ancora aiutato da lui…
Nella prima Lettura (Gen 3,1-8) troviamo il serpente: astuto nemico di Dio e nostro, invidioso dell’amore che Dio ha per noi e ci racconta fake news! «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?» Esagera, ma insinua il sospetto che Dio non voglia davvero il nostro bene. Noi gli
diamo credito e la conseguenza è che tutto appare fragile, siamo nudi, indifesi, sospettosi, impauriti.
E’ bello invece avere amici in cui confidare. Don Giovanni è stato così per noi. Ha testimoniato la sua grande capacità di amicizia cristiana, che ha segnato sempre il suo stile personale e pastorale. E’ stato educatore affidabile perché lui per primo si è affidato al Signore, come ci invita a fare il testo di Proverbi (Pr 3,1-10) : “Bontà e fedeltà non ti abbandonino: légale attorno al tuo collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore, e otterrai favore e buon successo agli occhi di Dio e degli uomini”.
Nel suo testamento spirituale don Giovanni esprime la gratitudine per quello che ha ricevuto dai suoi familiari fin dall’inizio della sua esistenza: “Ricordo anzitutto i miei genitori ai quali sono grato fino
all’ultimo giorno di questa vita. A loro debbo la vita, la fede cattolica, l’amore laborioso per l’esistenza quotidiana.”
E il suo ringraziamento continua allargandosi a tutte le persone che ha incontrato nel cammino della sua vita e del suo servizio: “Ricordo e ringrazio i preti e le religiose che mi hanno ispirato, accompagnato e sostenuto. Sento vivissima riconoscenza verso le laiche e i laici che ho conosciuto; come consacrati, come coniugati, come membri del Popolo di Dio sono stati modelli di fede e
ragione di fedeltà alla mia vocazione sacerdotale. Vorrei citarli ad uno ad uno perché ciascuno per la sua parte ha stimolato la mia
vita di credente.” Il suo grazie racconta anche la nostra fiducia in lui
Il Vangelo di oggi (Mt 5,13-16) richiama, infatti, la fiducia condivisa che ha sempre ispirato lo stile di vita di don Giovanni.
Gesù ci dice: “Guarda bene! Tu sei sale e sei luce! Non devi impegnarti ad esserlo, lo sei già. Certo, il sale può perdere sapore e la luce si può appannare, ma tu puoi già fare luce sul cammino
di altri e dare sapore alla loro vita, perché a loro volta vivano grati e riconoscenti”.
Così ha fatto don Giovanni per tanti di noi e per la Chiesa. Così ha vissuto il suo ministero e la sua passione di educatore. Scriveva in occasione del suo 50° di sacerdozio: “Mi è stata sempre presente la considerazione dell’importanza della fede per la vita buona delle
persone e della società, in particolare a proposito dei giovani. Risuona infatti forte ed esigente la domanda del teologo e martire Dietrich Bonhoeffer in “Resistenza e resa”: ‘Quale potrà essere la vita per la generazione che viene?’. E tutti noi credenti siamo chiamati a responsabilità per rispondere ad essa non solo con le parole ma anche con la proposta di vie di ricerca e di approfondimento del dialogo tra vita cristiana e vita del mondo.
I cristiani, infatti, sono chiamati a interpretare con uno sguardo di fede il presente nella persuasione di essere portatori di una grande speranza. Ho cercato di raccontare non solo la speranza suscitata in noi dal Vangelo di Gesù, ma anche di approfondirne le ragioni e di proporre attenzioni e orizzonti che rendono più viva la gioia che da essa scaturisce.”
Ancora una volta, affidiamo al Signore il Vescovo Giovanni perché ci accompagni.”