Una microscopica spugna capace di agire da filtro molecolare e depurare le acque reflue dal mercurio è una scoperta strardinaria.
Il nuovo polimero sintetizzato e caratterizzato da un’équipe di ricercatori dell’Università dell’Insubria, Dipartimento di Scienza e alta tecnologia.
Si tratta di un “polimero di coordinazione poroso” studiato per la cattura selettiva dei sali di mercurio, in modo da separare gli agenti inquinanti e neurotossici preservando le preziose proprietà organolettiche delle acque. Altra caratteristica del nuovo polimero è la capacità di emettere luce blu per fluorescenza in misura proporzionale alla quantità di mercurio assorbito. Mentre purifica le acque agisce dunque anche da sensore degli agenti inquinanti drenati.
La ricerca si colloca in una prospettiva particolarmente attuale e importante: è noto a tutti che l’acqua potabile è un bene prezioso ma scarso e dunque, benché comportamenti virtuosi possano aiutare a ridurne il consumo, sul lungo periodo la soluzione al problema dell’approvvigionamento non può prescindere dal riciclo delle acque reflue, a cui il nuovo polimero contribuisce.
I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista «Chemistry of Materials», edita dall’American Chemical Society.
La microscopica spugna per depurare le acque
La ricerca è stata condotta da un team di chimici e di fisici coordinati dalla professoressa Simona Galli, che si occupa in particolare degli studi di cristallografia a raggi X da polveri volti alla determinazione su scala sub-nanometrica della struttura del sistema polimero/inquinante. Mentre Luca Nardo, ricercatore di fisica applicata, ha elaborato il protocollo di sensing basato sulla luminescenza.
I professori Angelo Maspero e Andrea Penoni, artefici della sintesi del polimero, spiegano. «La preparazione di sofisticati sistemi ibridi in grado di comportarsi come trappole molecolari, mimando l’attitudine di sistemi naturali, come ad esempio le zeoliti, riveste una rilevante importanza per le notevoli applicazioni nelle dinamiche ambientali, oggi di drammatica attualità».
«I nostri modelli strutturali ci hanno aiutato a identificare possibili meccanismi implicati nella cattura dei sali di mercurio». Conclude Massimo Mella che, avvalendosi di complesse tecniche di calcolo, ha consentito di pervenire ad un’interpretazione teoretica dei fenomeni osservati.